Il marxismo e il mondo contemporaneo
Intervista - febbraio 1992
International: I commentatori borghesi chiamano il collasso del blocco sovietico "la sconfitta del socialismo" e "la fine del comunismo". C'è qualche verità in certe asserzioni? Fino a che punto questo collasso, oppure l'esperienza sovietica nel suo insieme, rappresenta un esperimento fallito per il socialismo?
Mansoor Hekmat: Per quanto riguarda il comunismo operaio e il marxismo, questi sviluppi non mostrano né sconfitta del socialismo nè fine del comunismo. Ciò di cui siamo testimoni è la sconfitta di un tipo particolare di socialismo borghese e del modello statalcapitalista che ne formava la base.
Che l'Unione Sovietica non fosse un Paese socialista e fosse del tutto alieno alla visione marxista del comunismo era già chiaro a un vasto settore di fatto la maggioranza di quelli che si chiamavano marxisti. Era ammesso perfino da svariati pensatori e sovietologi borghesi. L'insistenza della ideologia dominante oggi di reidentificare l'Unione Sovietica con il marxismo, in barba a tutti gli studi che dicono il contrario da parte dei molti analisti borghesi, è una arma propagandistica nello attacco in atto contro il marxismo e l'autentico comunismo operaio. Essi dicono che il socialismo è stato sconfitto, e quindi essi possono sconfiggerlo; che il comunismo è finito, e quindi essi possono finirlo. Questi sono gli strepiti e le urla di guerra della borghesia; più rozze suonano, più confermano la vitalità del comunismo come minaccia potenziale della classe operaia alla società borghese.
In sé, il collasso del blocco dell'Est non è prova contro il comunismo. URSS e blocco annesso non rappresentavano comunismo e socialismo secondo nessun criterio - economico, politico, amministrativo o ideologico. Ma è anche un fatto che l'esperienza sovietica nel suo insieme è stata un esperimento infruttuoso per la rivoluzione operaia d'Ottobre. {Ne abbiamo già parlato in varie edizioni del bollettino 'Marxismo e la Questione dell'Unione Sovietica' } Credo che la rivoluzione degli operai nel 1917 ebbe successo nello strappare il potere politico alla borghesia e nel vincere i tentativi diretti, politici e militari, delle classi rovesciate per restaurare il vecchio ordine politico. Ma da quella fase in poi il corso della rivoluzione divenne direttamente legato al riuscire o fallire nella trasformazione dei rapporti economici e nel portare avanti il programma economico socialista della classe operaia. Fu a quel punto che la rivoluzione russa non riusci ad avanzare oltre. Invece della proprietà comune dei mezzi di produzione, furono adottate la statalizzazione del capitale e la proprietà statale dei mezzi di produzione. Salari e impiego salariato, moneta, valore di scambio, e la separazione della classe produttrice dai mezzi di produzione tutto rimaneva. Nella seconda metà degli anni '20, il modello economico adottato fu la costruzione di una economia nazionale sulla base di un modello statalcapitalista. Nei fatti, dopo una rivoluzione degli operai, questa era l'unica alternativa storicamente praticabile per la borghesia al fine di mantenere i rapporti capitalisti in Russia. Con il consolidamento economico del capitale, la vittoria politica della classe operaia russa fu anch'essa rovesciata. Una burocrazia statale borghese centralizzata rimpiazzò il leninista governo rivoluzionario della classe operaia. Il nazionalismo borghese, basato su un modello falsificato di capitalismo, trionfò sul comunismo. Non il collasso, ma il sorgere di questo fenomeno testimonia la sconfitta che il comunismo operaio ha sofferto. E non è cominciato oggi o con questi eventi.
Brevemente, penso che la lezione basilare della esperienza sovietica per i marxisti è che, come il marxismo sottolinea, in particolare alla luce della Comune di Parigi, una rivoluzione proletaria è condannata alla sconfitta se non porta avanti il suo decreto economico, se non effettua una rivoluzione nella base economica della società. Senza questa rivoluzione economica, ogni vittoria politica terminerà prima o poi in un fallimento. La rivoluzione socialista non è divisibile; deve vincere nella sua totalità - come una rivoluzione sociale. Ma tale rivoluzione nei rapporti economici deve essere veramente una rivoluzione e non riforme nel sistema esistente. La base ditale rivoluzione è la abolizione del sistema del lavoro salariato e la trasformazione in proprietà comune dei mezzi di produzione e distribuzione. Ciò che non è mai stato fatto in Unione Sovietica.
International: Alcuni periodi molto importanti nella storia sovietica e del blocco dell'Est hanno avuto profondi impatti sul cosiddetto movimento comunista e sul richiamo del socialismo. Ciò che osserviamo oggi, comunque, è in scala incomparabile con i casi precedenti. Come spieghi la rottura drammatica attuale degli ex "comunisti" con il marxismo? In che misura il collasso del blocco orientale rende necessarie revisioni nel marxismo?
Mansoor Hekmat: Il marxismo è una critica, una critica della società capitalista, piuttosto che un corpo di principi e profezie. Questa critica stessa è, ovviamente, basata su una analisi rigorosa delle fondamenta del sistema e delle sue contraddizioni interne. Nella mia ottica, rompere con il marxismo è rompere con la verità. Anche se ci fossero migliaia di casi come l'Unione Sovietica ciò non scalfirebbe la mia critica da marxista della presente società, non altererebbe la mia concezione di una società capace di liberi esseri umani.
Metodologicamente, cosi come nel suo contenuto, il marxismo è una spiegazione molto profonda e coerente della società capitalista. E' critica e atto d'accusa di un particolare settore della società la classe proletaria dei salariati contro i rapporti esistenti. La verità della critica marxista è confermata non solo dagli svolgimenti sovietici correnti, ma dall'insieme delle realtà economiche e sociali del nostro tempo, dalle profonde inquietudini del mondo oggi, dai problemi che sono dibattuti come i problemi chiave del mondo contemporaneo nelle istituzioni accademiche, nei mass media, e in campi quali l'arte e la letteratura. Si facevano beffe di Marx per aver affermato che i rapporti economici determinano la vita politica e culturale della società. Oggi qualunque profano mette in relazione la crescita di razzismo, fascismo, nazionalismo e criminalità, la popolarizzazione di uno stile particolare di arte o di musica e cosi via a condizioni economiche. I mullah in Iran cercano la sopravvivenza della religione nelle operazioni della Banca centrale e nel tasso di cambio con il dollaro. Chiunque sa che tutto si riduce a profitti e produttività del lavoro. In fondo alla loro mente, tutti sanno per cosa è buono lo Stato, per quale fine sono stati messi in piedi esercito e polizia. Tutti sanno che c'è un conflitto incessante che va avanti dentro la società tra operaio e capitalista, tra chi riceve il salario e chi paga il salario; che ogni traccia di libertà e umanità è arrivata a essere legata ai rapporti di forza dell'operaio e delle organizzazioni della classe operaia contro il mondo degli affari capitalista e i suoi partiti e Stati. Le persone in maniera naturale si aspettano che le organizzazioni sindacalisiano contro sfruttamento e discriminazione, che difendano l'assistenza sociale, e cosi via. Lo operaio è identificato con libertà e benessere; il borghese con discriminazione e rapina. Mi pare che il XX secolo è stato il secolo del marxismo e della popolarizzazione delle cognizioni marxiste del mondo capitalista. Quindi, per quanto riguarda il marxismo, come visione del mondo che aspira ad avere una conoscenza vera della società, non c'è ragione di revisionarlo, e i recenti sviluppi mondiali solamente provano la sua legittimità con maggior enfasi.
Ma l'ondata corrente di separazione dal marxismo non ha nulla a che fare con la verità o la falsità della visione marxista. Questo è un movimento politico; le scelte sono politiche e non scientifiche. Non è come se, con i recenti avvenimenti sovietici, improvvisamente il giudizio abbia illuminato le loro menti. Verità o falsità della concezione marxista della società non c'entrano proprio niente qui. E quelli che cercano di dare a questa pervasiva ritirata politica della sinistra l'apparenza di una revisione scientifica sono, secondo me, i più meschini conformisti. La verità è che l'offensiva attuale della borghesia contro marxismo e socialismo, che poggia sul fracasso di un blocco pseudosocialista, ha messo sotto grande pressione la sinistra nella società. L'onda lunga verso il marxismo degli intellettuali riformisti - una caratteristica del secondo dopoguerra fino alla metà degli anni '70 - è ora rovesciata. Ci vorrà tempo prima che l'offensiva attuale sia neutralizzata. Colpi potenti devono essere assestati alla borghesia da parte della classe operaia prima che ancora una volta \l'intellettuale di classe media consideri che l'etichetta marxista migliori le sue quotazioni. Dovrei aggiungere che una parte considerevole di questi "marxisti" erano in realtà dissidenti non-socialisti che, a causa del prestigio universale del marxismo nella lotta anticapitalista, si erano inevitabilmente messi in abito marxista. Nazionalisti, riformisti, proindustrialisti nel Terzo Mondo, difensori della indipendenza nazionale, antimonopolisti, minoranze oppresse e una folla intera di tendenze aveva convertito il marxismo in un mezzo tramite cui esprimere le proprie rimostranze. Allora il marxismo era di moda, e cosi divennero marxisti; oggi tutto è democrazia, dunque tutti si raggruppano intorno alla democrazia, sperando di ottenere le stesse aspirazioni e gli stessi obiettivi attraverso democrazia e mercato. Il loro divorzio dal marxismo in questo periodo è secondo me da aspettarsi e, a dire il vero, niente male. Sebbene circoscriva ulteriormente il campo d'azione per il marxismo, ciò rende più facile sotto molti aspetti la formazione di un comunismo della classe operaia e profondamente marxista.
Il marxismo, distinto da una varietà di stereotipi andati al mercato per decenni sotto tale nome per una quantità di usi politici, non richiede alcuna revisione. Ciò che va fatto, comunque, sono importanti contributi analitici e teorici da parte dei marxisti nei vari campi della teoria sociale. E' assente il punto di vista marxista sulle differenti problematiche della società contemporanea e sugli sviluppi decisivi attraverso i quali il mondo attuale sta passando. Fermezza nel marxismo come visione del mondo e come teoria non significa ripetere i suoi principi generali in isolamento dalle condizioni sociali. Significa prender parte alle battaglie teoriche di ogni epoca come marxista e avanzare vedute e analisi sui nuovi problemi che emergono nel movimento storico della società e della lotta di classe. Abbiamo bisogno non di revisione nell'unica concezione della società che ricerca la verità e che va alle radici rigorosamente, ma di applicare tale concezione al mondo contemporaneo e alle sue diverse problematiche.
International: E a proposito di Lenin e del leninismo? Non ha bisogno il leninismo di esser rivalutato? E tu, ti consideri ancora un leninista?
Mansoor Hekmat: Viviamo in un periodo tale che ci sono i termini da definire, prima di poter rispondere a certe domande. Se si tratta di una precisa valutazione di Lenin, della verità delle sue concezioni e della sua pratica dal punto di vista del marxismo, del suo contributo al pensiero e alla pratica rivoluzionari della classe operaia, e cosi via, chiaro che sono un leninista. Secondo me, Lenin era un vero marxista che aveva ditale concezione del mondo una comprensione essenzialmente corretta, e un leader di valore del movimento socialista della classe operaia mondiale.
Ma leninismo come etichetta per distinguere tendenze particolari nel cosiddetto movimento comunista ha la propria storia, I precursori del termine sotto Stalin, oppure i gruppi che in successive separazioni all'interno del filone principale ufficiale ditale comunismo enfatizzarono il termine marxista-leninista, sfruttarono questi titoli - come molta terminologia marxista - per esprimere interessi e dispute assai mondani e in gran parte non-socialisti. Questi son stati abusi del prestigio di Lenin, e il leninismo, come lo intendo io, è diametralmente opposto a certi "leninisti". Analisti borghesi cercano di attribuire l'intera esperienza sovietica a Lenin, dipingendola come la conseguenza necessaria della concezione leninista. Questa è la moda oggi. Scelgono di dimenticare che al tempo della rivoluzione d'Ottobre persino la borghesia ammetteva che Lenin era un rivoluzionario egualitario e per la libertà di pensiero. Il leninismo non è rappresentato né nelle idee e azioni dei partiti governanti in Unione Sovietica, Cina e Albania, né nella esperienza sociale e politica sovietica. Quest'ultima fu costruita su una completa falsificazione di Lenin e delle sue idee. Lenin fu un rappresentante entusiasta di uguaglianza, libertà, umanità. Non è possibile, con alcuna giustificazione, imputare a Lenin despotismo, burocrazia, persecuzione nazionale, e code per il cibo.
Dal punto di vista del pensiero e della pratica marxisti, Lenin è una figura eccelsa. Penso che frasi del tipo "il leninismo è il marxismo dell'epoca imperialista sono triviali. Il significato di Lenin e il suo contributo specifico al movimento comunista si trovano nella chiara connessione che egli stabili tra teoria rivoluzionaria e pratica rivoluzionaria. Considero Lenin la personificazione completa dell'impegno al comunismo come "materialismo pratico", come Marx lo aveva compreso. Lo specifico contributo di Lenin è la sua individuazione della parte giocata dalla volontà rivoluzionaria della classe operaia nel corso materiale del movimento della società capitalista, e il suo apprezzamento del raggio d'azione dell'agente attivo della rivoluzione operaia nell'ambito di condizioni sociali oggettive. Lenin inverti la visione evoluzionista e passiva che dominava la Seconda Internazionale, fornendo la stessa interpretazione attiva che Marx aveva in mente. Per dirla semplicemente, il socialismo prima di Lenin aveva soprattutto imparato da Marx la "necessità e inevitabilità" del socialismo; Lenin pose l'accento sulla "possibilità" del socialismo in questa epoca. La sua concezione della storia e del ruolo della pratica rivoluzionaria delle classi nello sviluppo storico è profondamente marxista. Egli individua un ambito per questa pratica e Io organizza. So bene che interpretazioni successive, soprattutto piccolo-borghesi, della importanza dell'elemento attivo si tradussero in una genia nel socialismo che è volontarista, elitista e cospirativa. Ma anche uno studio elementare delle concezioni e azioni politiche di Lenin dimostra quanto estraneo fosse a tal volontarismo. E ciò è dovuto innanzitutto al fatto che con lui l'attività rivoluzionaria ha un significato sociale e di classe, e in secondo luogo egli per nessuna ragione fa astrazione dalla situazione sociale oggettiva che condiziona il raggio della azione di classe.
Per chiunque guarda al socialismo non come un ideale ornamentale ma come una causa urgente e pratica, e si preoccupa della realizzazione del socialismo e della rivoluzione degli operai, Lenin sarà sempre, come pensatore e leader politico, una fonte ricca di insegnamento e ispirazione.
International: Un aspetto molto importante dell'offensiva antisocialista corrente è la dimensione economica. Con il collasso della Unione Sovietica è divenuto moneta corrente l'idea che capitalismo e mercato rappresentano il modello economico più efficiente e fattibile che l'umanità storicamente ha raggiunto. Da marxista, come replichi a questo?
Mansoor Hekmat: Bisogna qui distinguere due aspetti. Uno è paragonare le prestazioni dei differenti modelli di capitalismo a Est e a Ovest; l'altro paragonare il capitalismo (concorrenziale o altro che sia) con il socialismo come una alternativa economica e sociale. Fino ad oggi, il socialismo, nel senso dategli dai marxisti, non è stato avviato da nessuna parte. Non crediamo che dal punto di vista marxista e della classe operaia il sistema economico della Unione Sovietica possa in alcun momento esser chiamato socialista. Mi occuperò della questione di capitalismo e socialismo più in là, ma prima voglio dire alcune cose sui differenti modelli di sviluppo capitalista a Est e a Ovest.
E' forse il capitalismo su base di mercato e di concorrenza l'alternativa economica "migliore, più efficiente e più fattibile" che è esistita finora? Anche solo per poter rispondere a questa domanda, devi avere un criterio con cui giudicare la superiorità e l'efficienza di sistemi economici. Questi termini sono altamente soggettivi e indefiniti, dal momento che secondo ciò che l'osservatore si aspetta dal suo modello economico, il criterio della valutazione può variare. Questo è stato tema di dibattito nella scienza economica borghese stessa. Crescita fisica e tecnica della economia, modo di distribuzione della ricchezza e del reddito, base industriale, livello d'occupazione, qualità dei prodotti, autosufficienza o posizione forte nel mercato mondiale, eccetera, sono stati usati dalle scuole economiche borghesi come differenti e persino contraddittori criteri per definire migliori o peggiori dei modelli di produzione; essi hanno anche lottato tra di loro su queste materie. Il problema è, "più efficiente e più realizzabile modello economico" per quale società, in quale periodo storico, e per una società con quali problemi? Questo in particolare è un vecchio problema della economia politica dello sviluppo. Per esempio, il modello di libero mercato non era affatto una alternativa praticabile per il capitalismo russo e per la borghesia dopo la rivoluzione d'Ottobre. La storia di una gran parte dei Paesi sottosviluppati (e anche di Paesi come il Giappone) mostra che anche la formazione dei mercati interni del lavoro e delle merci negli stadi iniziali, oppure la costruzione di una base industriale iniziale e la rimozione di ostacoli precapitalisti, non sono stati possibili senza l'intervento dall'alto nel meccanismo di mercato. La storia dello stesso capitalismo occidentale è piena di esempi dove lo stato è dovuto intervenire nel meccanismo di mercato per superare recessioni e crisi e per intraprendere ristrutturazioni tecnologiche. Anche oggi i termini concorrenza e mercato non possono, senza ulteriori specificazioni, esser usati per descrivere le caratteristiche del capitalismo occidentale. Ciò perché lo stato, e i monopoli privati, giocano un ruolo strutturale cruciale nel dirigere i movimenti di capitale e nel determinare indicatori economici quali prezzi, composizione della produzione, tasso di crescita, livello di occupazione, e cosi via.
Malgrado ciò, sono abbastanza giustificabili i difensori del capitalismo tipo occidentale quando dichiarano il modello economico occidentale esser preferibile a quello orientale sia giudicando dalle stesse premesse della società capitalista, sia dal punto di vista degli indicatori fisici della performance economica dei due blocchi nell'arco di una prospettiva storica più vasta. Come modello di capitalismo riformato, il modello economico sovietico non è riuscito a fornire una impalcatura più adatta e più efficace per la accumulazione di capitale e per mitigare le contraddizioni interne del sistema di produzione basato sul capitale. La caratteristica principale di questo modello era il tentativo di aggirare il meccanismo di mercato con un sistema amministrativo - descritto come la 'opposizione di piano e mercato'. Si può abolire il meccanismo di mercato, ma a condizione che si abolisca tutta la base economica del capitalismo, cioè la forzalavoro come merce, la esistenza del sistema del valore come base per lo scambio e la distribuzione di prodotti tra individui differenti e settori differenti della società, l'economia monetaria, e cosi via. Ma preservare questi rapporti e nel contempo bypassare il mercato come mezzo in cui questi rapporti e categorie si oggettivano materialmente e si interconnettono tra loro non è possibile senza sconvolgere seriamente il funzionamento del capitalismo. Ecco cosa è avvenuto in Unione Sovietica. Ciò che è avvenuto li non è stato la sostituzione del mercato con la pianificazione, ma piuttosto Io spostamento delle funzioni del mercato a istituzioni amministrative decisionali.
Nel capitalismo, il mercato (a prescindere dalla estensione della concorrenza o del monopolio) esplica funzioni varie e complesse; cosa e quanto andrebbe prodotto, quale tecnica di produzione andrebbe impiegata, quanto consumare, e chi dovrebbe farlo, e inoltre in che misura e in quali settori si dovrebbe impiegare risorse, mezzi di produzione e forzalavoro, quali i valori e i prezzi delle merci in ogni momento - dalla forzalavoro ai mezzi di produzione e di consumo - quale sistema di produzione e di management si dovrebbe adottare, quali bisogni andrebbero soddisfatti e quali negati, in quale direzione dovrebbe marciare l'economia, quali mezzi di produzione dovrebbero uscire dal ciclo, quale tecnica abbandonare, e chi più ne ha più ne metta. Proporzionalmente a come la società si sviluppa in termini di industria e produzione, con prodotti e bisogni sempre più differenziati, cosi anche il mercato assume un ruolo più complesso. Scavalcare tale meccanismo e assegnare la determinazione ditali indicatori, proporzioni e riallocazioni a istituzioni amministrative porterà prima o poi il capitalismo in un culde-sac. A lungo l'URSS ha proclamato che a differenza dell'Occidente era libera da fenomeni come disoccupazione e crisi periodiche. Ma per il capitalismo queste crisi periodiche, disoccupazione, recessioni e boom sono i meccanismi del mercato per aggiustare il capitale alle più fondamentali contraddizioni economiche. Questi sono i modi di adattamento del capitale alla crescita delle forze produttive all'interno del sistema, meccanismi con cui il capitale si ristruttura, si adegua allo sviluppo quantitativo e qualitativo (tecnologico) delle forze produttive. Storicamente, tutti i modi di produzione, comunque di sfruttamento e di classe, sono stati in ultima analisi organizzazioni per accrescere la produzione, sviluppare la tecnologia e soddisfare i bisogni economici. Se c'è una cosa che si può dire della economia sovietica, è che a un certo punto raggiunse a tal riguardo un punto morto. L'esperienza sovietica dimostra che il mercato stesso è il mezzo più efficace per far quadrare il bilancio economico e per la regolazione delle equazioni economiche nel sistema capitalista; che anche se, a determinate condizioni, bypassare il meccanismo di mercato e assegnare le sue funzioni a un sistema di decisionismo amministrativo può permettere determinate scorciatoie economiche, alla lunga la crescita tecnica della società capitalista e la diversificazione delle necessità del produttore e del consumatore renderebbero tale metodo impraticabile.
Oggi il mercato si vendica del sistema economico sovietico. Crisi inesistenti, disoccupazione mascherata, prezzi mantenuti bassi, industrie sovvenzionate, eccetera, improvvisamente fanno spazio a disoccupazione di massa, inflazione galoppante, impianti inutilizzati. Emerge che per tutto questo tempo la logica del mercato si era aperta negativamente la strada. Dovuto principalmente alla sua forza di mobilitazione ideologica e politica (un risultato della sua appropriazione della eredità di una rivoluzione proletaria) il modello sovietico si dimostrò efficiente nello sviluppo iniziale della industria e della infrastruttura economica. In particolare, fin quando lo sviluppo economico si affidava essenzialmente a un crescente impiego della forzalavoro e alla produzione di plusvalore assoluto .essendo possibile il rifornimento di forzalavoro dal settore rurale .i difetti del sistema non venivano alla superficie. Ma oltre questo punto e specialmente una volta che divenne importante la produzione di plusvalore relativo attraverso miglioramenti nelle tecniche di produzione, una volta che i bisogni sociali .in produzione cosi come in consumo si diversificarono notevolmente, una volta che la qualità del prodotto divenne una determinante importante, il sistema rivelò il suo fatale difetto. La Unione Sovietica ha fallito nel prender parte alla rivoluzione tecnologica degli ultimi due decenni. Al modello è mancata la capacità di soddisfare i diversi bisogni di una economia industriale avanzata. Quindi dal punto di vista del capitale questo modello è inutilizzabile, e il modello capitalista occidentale che si poggia sul ruolo centrale del mercato è ancora la unica alternativa efficiente e praticabile.
Si potrebbe obbiettare che la società sovietica era una società più giusta, che aveva un maggiore benessere sociale e una maggiore sicurezza economica, che le differenze di classe erano minori, e cosi via. Dal punto di vista della borghesia occidentale, la giustizia economica non necessariamente è un indicatore di quanto buona o cattiva sia una società. L'ala sinistra della borghesia .socialdemocrazia e compari .aveva inserito tale categoria nel suo sistema economico essenzialmente per evitare una rivolta dei poveri nel cuore della industria e della civiltà, sempre pronta ad abbandonarla appena la curva del profitto cominciasse a scivolare. Come comunisti e proletari, noi abbiamo la nostra giustizia economica alternativa. Per prima cosa, intendiamo costruire un sistema che sì base su tale giustizia economica, che continuamente la riproduce e che prospera su tal base. Non è proprio una consolazione aver avuto 40 anni di cosiddetta giustizia nell'uso di risorse limitate, e al costo di spezzarsi la schiena di lavoro per questo, per poi esser gettati in abbiette condizioni di povertà e disoccupazione, abbandonati alla merce' della reazione economica, politica e ideologica che si è scatenata. In secondo luogo, noi consideriamo la crescita economica, il progresso tecnologico, lo sviluppo delle forze produttive, e lo innalzamento del livello di consumo, di benessere, di tempo libero della società umana come assolutamente vitale. La divisione dei bisogni non è la nostra soluzione. Ovviamente il gravame di ogni carestia andrebbe sopportato da tutti, ma il socialismo è un'economia per lo sviluppo delle abilità delle persone, un'economia di crescente soddisfacimento dei bisogni materiali e intellettuali di ognuno.
E arrivo alla seconda parte della tua domanda; cosa possiamo dire circa la affermazione che il capitalismo, anche la sua marca occidentale e "vittoriosa", è il sistema migliore, più efficiente e praticabile che sia esistito finora? Bene, un sistema economico assai migliore per l'umanità è stato possibile per tutto questo secolo. Se l'umanità non vive ora in rapporti socialisti è perché il vecchio sistema si difende con le unghie e con i denti, uccidendo e torturando, con intimidazioni e con inganni. Questo sistema migliore è stato definito e milioni di persone hanno combattuto, e stanno combattendo, per esso. La affermazione che il capitalismo è il sistema economico migliore è la bugia più grande nella storia umana. Questo sistema è sudicio e imbrattato di sangue. Mentre centinaia di milioni di persone non hanno casa, nè sanità, nè educazione, nè felicità, e non hanno cibo persino, i mezzi per produrre e soddisfare tali bisogni giacciono inutilizzati. Decine di milioni di persone in grado di impiegare questi mezzi di produzione e per fine agli stenti sono stati sbattuti fuori dal lavoro, e sono state messe delle guardie per sparare a operai che vogliano toccare gli impianti e i macchinari. Nel fulcro della civiltà occidentale la polizia bastona e imprigiona il minatore che vuole produrre combustibile. Montagne di burro e di frumento imputridiscono nei magazzini della Comunità Europea, mentre non molto lontano c'è chi muore di fame. Non dobbiamo prendere esempi dal Terzo Mondo. Negli Stati Uniti 30 milioni di persone sono al di sotto della soglia di povertà, 10 milioni di bambini non sono coperti da assicurazione medica, i senza tetto sono una costante da New York a Los Angeles. Ovunque nel mondo la prostituzione è un modo per guadagnarsi da vivere. Produrre droga e trafficarla è una maniera rispettabile per ammassare ricchezze. In Inghilterra sono cosi buoni da tenere aperte le metropolitane durante la notte cosi i senzatetto non muoiono di freddo. Economicamente, questa società non è in grado di reggersi in piedi senza il lavoro domestico e la oppressione delle donne. Mette i bambini a lavorare e scarta gli anziani. Non può produrre senza uccidere, mutilare, logorare le persone. Non può andare avanti senza disumanizzare la maggioranza degli abitanti della Terra e ignorarne le necessità basilari.
Soprattutto, la base di questa società è questo spregevole fatto che una larga parte, la sua maggioranza, per poter vivere in un mondo in cui è nata deve vendere le sue forze fisiche e intellettuali a una minoranza. E' una società in cui la produzione delle cose essenziali alle persone viene legata alla 'redditività' (di profitto) del capitale. E questa è la radice di tutte queste diseguaglianze e privazioni. Lavoro salariato, divisione della società in proletario e capitalista, in percettore di salario e datore di salario, degradazione del lavoro da attività produttrice e creativa a 'occupazione', a un modo di guadagnarsi da vivere, sono in sé stessi i verdetti della bancarotta di questo sistema.
Chiunque afferma che il sistema economico esistente è il migliore e il più appropriato fa domanda per la propria schiavitù. La verità è che, specialmente dopo la critica di Marx del capitalismo, il genere umano ha proclamato la necessità e la possibilità di un sistema economico e sociale superiore e ha persino abbozzato i suoi tratti una società basata sulla completa uguaglianza e libertà delle persone, una società basata su lavoro creativo collettivo per soddisfare i bisogni umani, una società in cui i mezzi di produzione appartengono collettivamente alle persone. Una comunità mondiale senza classi, senza discriminazione, senza Paesi e senza Stati, è da lungo tempo che è divenuta realizzabile. Il capitalismo stesso ha creato le condizioni materiali preliminari per una tale società.
International: A proposito del punto enfatizzato da commentatori borghesi in Occidente, in particolare alla luce del collasso del blocco orientale, e cioè il tema dell'individualità e il primato dello individuo sia in economia che in politica. Sostengono che non solo le economie di tipo sovietico ma tutti quei Paesi che durante gli ultimi due o tre decenni avevano indugiato in una sorta di welfare state, basato su un ruolo attivo dello stato, stanno vivendo un'apatia economica e una stagnazione tecnica a causa ditale accresciuta responsabilità statale e dell'indebolimento della concorrenza e della motivazione individuale. Sostengono che concorrenza e individualismo non sono soltanto la pietra miliare della società capitalista, ma una parte inseparabile e non sostituibile dell'attività economica in sé dell'essere umano. Il socialismo è accusato di dare priorità alla società sull'individuo e anche di voler massificare le persone e cancellare la loro individualità. In che misura tali fattori hanno contribuito alla fine economica del blocco orientale, e in generale come vedi il rapporto tra socialismo e individuo?
Mansoor Hekmat: Innanzitutto facciamo chiarezza sul significato di individuo e individualità nella ideologia borghese. Dove individuo non significa essere umano. Nè il primato dell'individuo va preso a significare il primato dell'essere umano. Incidentalmente, è la società capitalista stessa e la nozione borghese di essere umano che astrae dalla specificità individuale degli umani, cioè tutte quelle qualità che fanno di ciascuno di noi individui unici e che definiscono la nostra identità individuale. E' questa nozione che dà una immagine senza volto dell'uomo in termini sia materiali e economici, sia intellettuali e politico-culturali. In questa società gli esseri umani si confrontano tra loro, e interagiscono l'un l'altro, non con la loro identità e caratteristiche individuali, ma come portatori umani di rapporti economici definiti. La relazione tra persone è una forma e un aspetto della relazione tra merci. Il primo elemento nella definizione delle caratteristiche dell'individuo è la relazione che ha con le merci e il processo di produzione e di scambio. L'individuo è una entità vivente che rappresenta una posizione economica. L'operaio è portatore e venditore della forzalavoro come merce; il capitalista è capitale personificato. Il consumatore è il possessore di un determinato potere d'acquisto nel mercato delle merci. Nel capitalismo l'essere umano è identificato e riconosciuto per queste funzioni. Quando il pensatore borghese parla di primato dello individuo, sta in realtà parlando non del primato degli esseri umani, ma della necessità di astrarre dalle caratteristiche umane peculiari di ogni essere umano, e della sua integrazione, come unità, e niente più, nei rapporti economici. Per la borghesia, primato dell'Uomo vuoi dire primato della merce, del mercato e dello scambio di valori, come base delle interrelazioni umane, perché è solo in questa forma, cioè di chi scambia differenti merci al mercato, che l'identità peculiare di ciascuna persona e la sua personalità gli/ le vengono sottratte, e si ritrova a confrontarsi con altri come "individuo", come unità umana portatrice di una merce che possiede valore di scambio.
Nel capitalismo la riduzione dell'essere umano a individuo è necessaria e inevitabile, dal momento che le persone devono perseguire la logica delle loro posizioni economiche, rimpiazzando i propri giudizi e priorità umani con tal logica. Il proletario dovrebbe vendere la propria forzalavoro e consegnare la merce dopo la vendita, cioè lavorare per il capitalista; il capitalista dovrebbe portare a termine le richieste della accumulazione del capitale. Il proletario dovrebbe competere con i venditori di una merce similare. Il capitalista, per incrementare la sua quota di plusvalore totale, deve continuamente aumentare la produttività del lavoro e la tecnica di produzione. Deve licenziare in tempo e reclutare nuovi operai per tempo. Se in ciascuno di questi ruoli le persone dovessero imporre le proprie priorità e considerazioni extra-economiche il meccanismo economico del capitalismo andrebbe in tilt.
Stessa cosa a livello politico. L'individualismo è la base dei sistemi parlamentari, dove nelle migliori occasioni, cioè dove le condizioni di avere proprietà, di essere maschio e bianco, ecc. come precondizioni per il diritto di voto, sono state abolite dopo anni diletta, ogni persona ha un voto nella elezione di rappresentanti parlamentari nazionali. Dopo le elezioni, le persone tornano a casa e l'eletto, almeno sulla carta, si fa carico del lavoro legislativo in loro vece. Ogni individuo è un voto, non un essere umano con poteri di giudicare costantemente bisogni e priorità e avere l'opportunità di adempierli. Un sistema politico in cui c'è questo intervento permanente delle persone .un sistema di soviet, ad esempio, che provvede per la presenza continua delle persone stesse nel processo decisionale, dal livello locale al livello nazionale, non è considerato "democratico" nel sistema parlamentare di pensiero. Nel sistema borghese il concetto politico di individualità è il diretto derivato del concetto economico di individualità.
Ritornando alla tua domanda sull'URSS. L'economia dell'URSS non era una economia in cui l'essere umano aveva primato. Ciò che castrava l'individualità in questo sistema era il peso massiccio di un sistema amministrativo sul meccanismo di mercato. Quando il commentario ufficiale in Occidente si riferisce alla violazione di individualità e individualismo in Unione Sovietica, la sua obiezione è principalmente a un sistema in cui la proprietà personale di capitale era severamente ristretta, e quindi il dirigente industriale obbediva non alla logica economica del capitale ma alle decisioni di un sistema amministrativo. In altre parole, il capitale mancava di molteplici agenti umani individuali e privati. In secondo luogo, l'operaio sovietico, sebbene totalmente politicamente atomizzato di fronte al sistema amministrativo, non figurava economicamente come venditore individuale e in concorrenza con altri operai. Sebbene il sistema amministrativo cercò tramite il proprio bilancio economico di dirigere, cosi come il mercato, le unità di capitale verso aree più profittevoli oppure esso stesso fissare il valore della forzalavoro al livello più basso possibile, dal punto di vista della borghesia questo non era certo un sostituto per il confronto libero e competitivo di capitali, e del capitale con il lavoro sotto un mercato concorrenziale della forzalavoro. Lo slogan del 'primato dell'uomo', contrapposto al modello sovietico, era uno slogan contro questo sistema amministrativo, in favore di libertà per il capitale privato e per aumentare la concorrenza economica tra proletari e la loro atomizzazione nel mercato della forzalavoro. Come dicevo, questo sistema amministrativo non era più in grado di assumersi le funzioni complesse e diversificate del mercato. In particolare, non poteva incorporare nella economia sovietica la rivoluzione tecnologica in corso nei Paesi occidentali industrializzati.
Credo anch'io che in questo senso la individualità e la concorrenza di proprietari di merci è una parte indispensabile della economia capitalista, un meccanismo essenziale in questo sistema per lo sviluppo tecnico. Ma il capitalismo deve la sopravvivenza anche al fatto che la borghesia ha essa stessa costantemente e in congiunture cruciali limitato la scala della sua concorrenza e individualità, scegliendo la strada di interventi economici, come anche extraeconomici, attraverso lo stato e le istituzioni amministrative. Crisi economiche con conseguenze devastanti, e recessioni acute, sono intrinseche al capitalismo tanto quanto la accumulazione costante e il miglioramento della tecnologia. Il capitalismo si ristruttura e si purga in tal modo. Il bisogno della borghesia di mantenere in scacco l'estensione di queste crisi e, cosa ancor più importante, il suo bisogno di proteggere il sistema politicamente contro la lotta della classe operaia, hanno costretto partiti e stati borghesi a intervenire di frequente 'dall'alto' nell'economia e imporre alcuni freni al meccanismo di mercato.
Il thatcherismo e il monetarismo degli anni '80 si scatenò contro una potente tradizione keynesiana e politiche socialdemocratiche che enfatizzavano un significativo intervento statale e il ruolo della spesa statale nella crescita economica. Sembra che oggi questa stessa tendenza sia in ritirata. Comunque, il punto è che accettare il ruolo centrale della concorrenza e del mercato nello sviluppo tecnico del capitalismo non significa ancora che la borghesia stessa cerca, o ha cercato, la sopravvivenza e la crescita del capitalismo nel lungo periodo nel libero mercato e nella concorrenza perfetta. Libero mercato, concorrenza perfetta, individualismo economico estremo difesi dalla 'nuova destra' sono tanto irrealistici e privi di fondamento quanto l'idea di capitalismo pianificato e libero dalla concorrenza.
Molto c'è da dire su socialismo e individuo, o piuttosto socialismo e Uomo. A tutto oggi, Marx è stato il critico più importante e profondo della disumanizzazione della umanità sotto il capitalismo. La quintessenza della discussione sul feticismo delle merci nel Capitale è mostrare come il capitalismo e la trasformazione della produzione e scambio di merci nell'asse della relazione umana è la base della alienazione e mancanza d'identità degli uomini nella società capitalista. Il socialismo punta a rendere questa identità agli esseri umani. Lo slogan 'da ciascuno secondo le proprie capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni 'si basa interamente sul riconoscere e garantire il diritto di ogni persona a determinare da sé la propria posizione nella vita materiale della società. Nella società capitalista l'essere umano è schiavo di cieche leggi economiche che determinano il suo destino economico, indipendentemente dal suo pensiero, ragione, giudizio. Come dicevo, nel pensamento borghese per individuo si intende l'essere umano spogliato di identità, auto-alienato, derubato di tutte le particolari caratteristiche e qualità individuali che gli/le sono peculiari, un essere umano che può di conseguenza essere trasformato, come una unità, nell'agente vivente di alcuni rapporti economici e ruoli nella produzione, nel compratore o venditore di una particolare merce. E' in realtà questa società che alla sua maniera standardizza gli esseri umani, riducendoli tutti agli schemi impostati dalla economica divisione del lavoro. In tale sistema noi non siamo esseri umani particolari con le nostre visioni individuali della vita, con la nostra particolare psicologia, temperamento, emozioni, ma detentori di particolari postazioni economiche. Noi siamo agenti viventi nello scambio di merci senza vita. Anche nelle intime vicende personali e emozionali che abbiamo tra di noi, siamo prima di tutto riconosciuti per alcune di queste nostre caratteristiche che lavoro facciamo, che potere d'acquisto abbiamo, qual'è la nostra classe. Siamo classificati e giudicati sulla base di questo status economico, sulla base della nostra relazione con le merci. La società capitalista ha persino creato il programma dello stile di vita di ciascuno di questi gruppi cosa ci si aspetta che mangiamo, indossiamo, e dove dobbiamo vivere, cosa deve renderci felici, cosa deve impaurirci, quali devono essere i nostri sogni e i nostri incubi, Il capitalismo prima ci toglie la nostra identità umana e poi ci presenta l'uno all'altro tramite le etichette economiche standard che esso ci ha conficcato.
Invece, il socialismo è una società in cui gli esseri umani prendono controllo delle proprie vite economiche, sono liberi dalle catene di leggi economiche cieche e essi stessi coscientemente definiscono la propria attività economica. La decisione sta alla persona, non al mercato, accumulazione o plusvalore. Questa liberazione della società intera dalle cieche leggi economiche è la condizione della emancipazione dell'individuo e la restaurazione della umanità e della specificità umana di ciascun individuo.
L'esaltazione del capitalismo dell'individuo è di fatto esaltazione dell'atomizzazione dello essere umano. E' cosi che le masse umane diventano cosi indeterminate e flessibili da poter essere movimentate in sintonia ai fabbisogni economici del capitale.
Si vede quando la borghesia si ricorda di individualità e diritti individuali quando vuole contrastare i tentativi di qualunque forma di pianificazione economica che disturbi il meccanismo di mercato e coinvolga priorità sociali extraeconomiche; quando vuole attaccare la sanità pubblica, la educazione finanziata dallo stato, gli asili, i servizi sociali, il sussidio di disoccupazione, gli appelli al divieto di licenziamenti, e cosi via; contro i sindacati e le organizzazioni di difesa sindacale nel loro complesso, dal momento che certe organizzazioni, a qualunque grado, riducono la frammentazione degli operai e la concorrenza individuale tra singoli venditori di forzalavoro, e in qualche modo impongono sulle nude leggi del mercato un certo grado di discrezionalità delle persone sui livelli salariali, ecc. Se ne ricordano proprio quando gli operai e la gente vuole esercitare il proprio carattere umano e prendere decisioni economiche sulla base dei loro umani bisogni e principi. Tutto ciò in favore del primato dell'individuo nel capitalismo.
La base del socialismo è l'essere umano sia collettivamente che come individuo, Il socialismo è il movimento per ristaurare la volontà cosciente dell'essere umano, un movimento per liberare gli esseri umani dalla necessità economica e dalla schiavitù in forme di produzione predeterminate. E' un movimento per abolire le classi e la classificazione delle persone. Questo è la condizione essenziale per la crescita dell'individuo.
International: Qual è l'alternativa della società socialista alla competizione e incentivo individuali? Come assicurerà una società socialista un miglioramento costante dei metodi di produzione, un incremento della diversità e qualità del prodotto, sviluppo tecnologico e innovazione .cose che abbiamo vissuto nel capitalismo come rivoluzioni tecnologiche persino? Che tipo di meccanismo assicurerà l'impulso permanente degli esseri umani per innovazione e miglioramento nella produzione?
Mansoor Hekmat: Innovazione tecnica e miglioramento della qualità del prodotto non sono invenzioni del capitalismo, e tanto meno è invenzione capitalista la produzione dei beni essenziali alle persone. Nel sistema capitalista l'impulso permanente degli esseri umani a riprodurre e migliorare le loro condizioni di vita è organizzato in una maniera particolare. In questo modo di produzione la competizione individuale e l'incentivo non sono l'origine del progresso tecnico; essi sono i veicoli e i canali attraverso cui le necessità più profonde che esercitano pressione sul capitale sociale totale vengono trasmesse alle imprese e agli individui nel mercato che quindi attivano. La crescita costante della produttività del lavoro e del saggio di plusvalore è la condizione necessaria per prevenire la caduta del saggio generale di profitto con l'aumentare della massa del capitale costante. Questa necessità del capitale sociale totale viene trasmessa per il mercato ai capitali e imprese individuali come la necessità di competere. Il capitale che non migliora la sua tecnica va fuori. Tale concorrenza esiste anche nel nesso seguente, questa volta come concorrenza tra produttori di mezzi di produzione. Scienza, curiosità scientifica, invenzione e innovazione sono dunque organizzate dal capitale e attraverso il mercato. Gli esseri umani sono sempre appassionati per la conoscenza e il miglioramento delle tecniche di produzione e per la qualità della loro vita. Ma nel capitalismo questo impulso intrinseco è organizzato intorno a profitto e accumulazione del capitale. Non c'è dubbio che a paragone con precedenti sistemi, il capitalismo ha accresciuto grandemente intensità e scala della attività scientifica e tecnica dell'essere umano. Ma la specifica forma ditale attività in questo sistema non va confusa con la sua vera fonte. Incentivi materiali individuali e concorrenza tra imprese non sono l'origine della umana avidità di sapere scientifico e della umana innovazione tecnica. Queste sono le forme particolari, solamente attraverso le quali il capitale può aggiustare questa attività umana perenne, proprio come l'impulso umano a prodursi i mezzi di sussistenza.
Nel capitalismo, come in qualunque sistema economico, dopotutto la necessità è la madre delle invenzioni. In questo sistema è il mercato che stabilisce i bisogni e il livello di domanda per le merci che li soddisfano. I capitali che producono tali merci fanno profitti. E' con queste equazioni capitaliste che gli scienziati e gli esperti trovano e avviano le loro ricerche e progetti. Qui si decide la proporzione delle risorse della società che andrebbero accantonate per la ricerca scientifica, la direzione che la scienza e la sua applicazione pratica dovrebbe prendere, le aree di priorità, ecc. Nel socialismo, d'altra parte, non c'è mercato, nè concorrenza, nè interesse individuale. Ma le persone e la loro curiosità scientifica e l'impulso per l'innovazione e a migliorare la qualità della vita ci sono. La questione importante a cui rispondere è quale può essere in assenza del mercato il meccanismo per scoprire i bisogni tecnici e scientifici della società, per scegliere le priorità, allocare le risorse e organizzare l'attività scientifica e tecnica? Questo mi pare un terreno importante di ricerca e investigazione marxiste. Non ho una risposta pronta per questo, ma qui toccherò alcuni punti.
In primo luogo, la società socialista è una società aperta e informata. Nel socialismo sarà una procedura di routine informare costantemente le persone a proposito dei bisogni e problemi nei vari campi della vita umana a livello mondiale. Sotto il capitalismo è il mercato che informa i capitali della esistenza di domanda e della opportunità di fare profitti nella produzione di certe merci. Nel sistema socialista sono i cittadini e le loro istituzioni che costantemente si informano tra loro dei bisogni economici, sociali, umani, cosi come degli avanzamenti scientifici e tecnici dei diversi settori. Data la tecnologia attuale, la organizzazione di tale interscambio informativo e di accesso costante di ognuno ad esso è praticabile già d'ora.
Inoltre, la società socialista è una società in cui le persone godono di un livello di educazione scientifica assai superiore all'attuale. L'accesso allo studio e partecipazione in attività scientifiche non è privilegio di un particolare gruppo sociale; è diritto elementare di ognuno. Come una volta saper leggere e scrivere era privilegio di pochi ma ora lo consideriamo un diritto basilare. Vediamo anche oggi come, per esempio, l'uso dei computer e persino la loro applicazione relativamente complessa e specializzata è divenuto tanto generalizzato - sebbene ancora molto lontano dalla capacità socialista di promuovere abilità scientifiche generali e rendere gli strumenti per il lavoro scientifico accessibili a tutti.
Si può obiettare che conoscere i bisogni e essere in grado di soddisfarli non significa ancora necessariamente che essi saranno veramente soddisfatti. In assenza della motivazione dell'interesse personale, cos'altro darà impulso alle persone verso una fervida attività scientifica e tecnica? Qui allora dovremmo tornare alle qualità intellettuali dello essere umano e come sono correlate ai rapporti sociali. Il quadro stereotipato che il capitalismo offre dell'essere umano e della motivazione umana non possono esser punto di partenza per l'organizzazione del socialismo. Il capitalismo edifica su interesse personale e competizione. Per far funzionare l'economia, esso sottolinea queste qualità delle persone e le addestra in questo spirito. La base del socialismo, comunque, è l'umanismo dello essere umano e la sua natura sociale. Non solo alcuno sforzo scientifico ma nessuno degli ideali socialisti può essere realizzato senza farla finita con i pregiudizi intellettuali e culturali promossi dal capitalismo. Non voglio entrare nella discussione sulla natura umana, per quanto personalmente creda che umanismo e propensione alla società sono negli umani caratteri più basilari e più affidabili di concorrenza e interesse personale. Ciò è stato corroborato molte volte persino in questa società di classe arretrata e prevenuta. E' ancora una realtà che in qualunque occasione le persone sono chiamate a sacrificarsi più del solito, è a questi sentimenti e caratteri nobili che ci si appella. Come ogni altro sistema sociale, il socialismo nutre l'essere umano ad esso consono. Non è difficile immaginare una società in cui la motivazione delle persone nelle loro attività economiche e scientifiche è contribuire al benessere di tutti, prender parte a una sforzo comune per migliorare la vita di tutti.
Devo accennare un altro punto. Il capitalismo è sia emerso sulla base di una rivoluzione industriale, ed anche, in confronto a precedenti sistemi economici, ha esso stesso portato avanti sconvolgenti cambiamenti tecnici. Ma proprio nel mezzo ditale sviluppo l'effetto paralizzante del capitale nello sviluppo delle capacità tecniche è ancora lampante. In questa società la tecnologia si sviluppa dove è profittevole per il capitale e dove lo richiede la preservazione del potere politico della borghesia. A fianco dell'enorme sviluppo della tecnologia bellica vediamo la grave arretratezza tecnica di medicina e assistenza sanitaria, educazione, abitazioni, agricoltura, ecc. E la maggioranza delle persone nel mondo è privata dei risultati di questo progresso tecnologico, Il profilo tecnico del socialismo sarà certamente differente da quello del capitalismo, dal momento che le priorità tecniche di una società che si basa sul miglioramento della vita delle persone sono totalmente differenti da una società guidata dalla molla del profitto.
International: Negli ultimi anni del XX secolo, il secolo che i comunisti avevano chiamato l'era delle rivoluzioni proletarie, il socialismo sembra un ideale inaccessibile tanto quanto al principio del secolo. Come spieghi questo, da marxista? Qual'è la tua concezione del compimento vero della rivoluzione proletaria e della società socialista?
Mansoor Hekmat: Non è che il comunismo si pensava dovesse compiersi come un modello razionale, come un ideale umano, come qualcosa di privilegiato per la sua razionalità o desiderabilità. Un contributo importante di Marx alla storia dei movimenti socialisti e comunisti fu il collegamento della causa comunista e della prospettiva della sua realizzazione con la lotta di una classe sociale particolare, cioè la classe operaia dei salariati nella società capitalista. La vittoria del socialismo poteva - e può solo essere ancora - soltanto essere il risultato di un movimento della classe operaia. Dunque, a mio giudizio, il fatto che il socialismo non è stato raggiunto è principalmente dovuto al cambiamento nella base sociale e di classe della corrente principale del comunismo dopo gli sviluppi della seconda metà degli anni '20 in Unione Sovietica. La rivoluzione russa e il suo risultato ebbero in ciò la parte più decisiva. La rivoluzione d'ottobre fu una rivoluzione degli operai per il socialismo. E fu guidata dal bolscevismo che rappresentava il radicalismo e l'internazionalismo della classe operaia allo interno della generale tendenza socialista. Con la vittoria politica ditale rivoluzione si formò in Unione Sovietica un polo comunista, in opposizione alla esperienza della Seconda Internazionale. E' chiaro che i movimenti comunisti, i partiti e la pratica comunista nel mondo intero si sarebbe intimamente collegata a questo campo. La costruzione di uno stato dei soviet e di una Internazionale, basati sulla prospettiva della tendenza radicale e operaia dentro il movimento socialista, è stato la conquista più avanzata del comunismo, come un movimento della classe operaia, in questo secolo. Come dicevo prima, purtroppo questo campo non rimase un polo del comunismo operaio. Durante i dibattiti sul corso economico che l'Unione Sovietica avrebbe dovuto seguire il comunismo operaio batté in ritirata di fronte alla prospettiva e alle politiche nazionaliste. Nell'insieme, con il consolidarsi di un capitalismo pianificato di stato nelle sembianze della costruzione del socialismo in URSS, il comunismo operaio fu praticamente disarmato. Più tardi, gli operai e il comunismo furono gradualmente respinti indietro su tutti i fronti. L'intero prestigio della rivoluzione degli operai venne sfruttato da un campo socialista borghese che per decenni influenzò il destino della lotta comunista nel mondo. Con l'emergere di una Unione Sovietica borghese, come punto di riferimento del comunismo ufficiale, il socialismo operaio nel suo insieme venne marginalizzato. Nella tradizione socialista-proletaria, non si sviluppò nessun partito importante in grado di sfidare tale dominio del socialismo borghese sul cosiddetto movimento comunista.
Il socialismo non operaio è stato sempre una corrente viva nella tradizione socialista generale e nella critica di sinistra nella società. Prima della esperienza sovietica, questa tendenza esisteva parallelamente, e in conflitto, al socialismo operaio. E sappiamo che la scelta del termine 'comunista' da parte di Marx e Engels fu precisamente per mostrare che essi appartenevano a una tendenza particolare, operaia, nel socialismo. Ma con la esperienza sovietica la supremazia del socialismo non operaio raggiunse dimensioni determinanti e il comunismo operaio non rimase neanche come tendenza influente nel destino del socialismo.
Dagli ultimi anni '20 in poi il comunismo venne fatto deragliare completamente, secondo me. Ora lo stesso problema sovietico, a fianco del capitalismo come tale, è divenuto un problema centrale per il vero comunismo operaio. Il fatto che il socialismo come ideale non ha ancora vinto è il risultato del fatto che il solo movimento capace di portarlo avanti fu sottomesso e frantumato con la 'nazionalizzazione' e l'appropriazione della rivoluzione degli operai in Russia. Il socialismo operaio ancora deve raddrizzarsi da questa sconfitta. Quando parlo della esperienza sovietica non intendo semplicemente gli sviluppi confinati in un singolo Paese. Il sorgere del comunismo cinese, che era una copertura trasparente per gli ideali e le aspirazioni nazionaliste di un Paese essenzialmente contadino, la crescita di un movimento studentesco di sinistra e di un liberalismo di sinistra, che trovò espressione nella scuola della 'nuova sinistra' e alcune ramificazioni troskiste in Europa occidentale, l'emergere dell'eurocomunismo, e cosi via, ciascuno rappresentando la attivazione quasi socialista di movimenti non operai, erano in maniere differenti i risultati tardivi della sconfitta della rivoluzione degli proletari in Unione Sovietica. Se non avesse sperimentato tale sconfitta, credo, il socialismo operaio avrebbe potuto far fronte a queste attivazioni; avrebbe potuto mantenere e consolidare la posizione di credibile corrente principale del marxismo e della lotta socialista.
A mio parere i movimenti non operai pseudosocialisti, che si sono fatti avanti nel nome del comunismo e di Marx, hanno indebolito le basi del vero comunismo nella società. Prima vittima ne fu il pensamento marxista e la critica marxista del sistema capitalista. Essi svuotarono il suo pensiero del suo contenuto incisivo e potente. Rimpiazzarono la critica del capitalismo che è radicale nel marxismo con una congerie di piccole lagnanze riformiste e, in parte, persino reazionarie e anacronistiche, spacciate in tal nome. La ricerca di Marx della verità e il suo metodo profondamente scientifico vennero sfigurati; Marx fu convertito in un magazzino di cliché e detti sacri che erano soltanto espressioni dei fini bassi e mondani delle mezze classi nella società. Si è arrivati a tal punto che quando oggi diciamo che il marxismo è critico della democrazia, è l'opposto del nazionalismo, considera centrale la rivoluzione economica, sostiene l'abolizione del lavoro salariato, non prova pietà per culture nazionali e identità etniche, è il nemico della religione, e così via, sembra che stiamo dicendo qualcosa di nuovo, Il dominio delle idee pseudosocialiste e persino antioperaie delle classi non proletarie, nel nome del comunismo e del socialismo, hanno a lungo guidato i proletari nelle restrizioni del tradeunionismo, anche alla subordinazione di massa alla socialdemocrazia, cioè l'ala sinistra della stessa classe dominante. Dove non hanno, come nel caso dell'Unione Sovietica, letteralmente massacrato i dirigenti della classe operaia, i falsi socialismi hanno almeno avuto questo ruolo di recidere il nesso tra operaio e comunismo su una scala di massa. Sia dove essi si presentavano ai proletari con esempi repellenti di società chiuse, dispotiche, stagnanti, nel nome del socialismo, come URSS, Cina e Albania, sia dove sfoggiavano l'opposizionismo rumoroso ma vuoto degli intellettuali come fosse comunismo di sinistra e radicale, come in occidente e nei Paesi dominati dallo imperialismo, il risultato era alienare gli operai dal comunismo e azzittire il proletario comunista dentro la classe. Grazie a queste correnti, un comunismo operaio che aveva potuto fronteggiare una guerra mondiale capitalista e portare Paesi della dimensione della Russia zarista o della Germania alla rivoluzione fu per anni ridotto a sforzi e brontolii di critica e d'opposizione. Questo ciclo si è appena chiuso con il collasso ditali falsi campi e il declino del richiamo di comunismo e marxismo tra le classi non proletarie e i loro intellettuali.
Quindi quando mi chiedi perché il comunismo e il socialismo non hanno vinto in questo secolo a mia volta chiedo quale socialismo si supponeva vincesse? Il nostro socialismo, il socialismo operaio, con la sconfitta che ha sofferto dalla linea nazionalista in Unione Sovietica, per un lungo tempo ha perso il potere di apportare cambiamenti fondamentali nella società contemporanea. Ha perduto il suo potere di classe in favore del tradeunionismo, della socialdemocrazia, del riformismo di sinistra. La sua aspra critica della società esistente venne seppellita dal peso di distorsioni pseudosocialiste. Noi stiamo solo oggi raddrizzando la schiena da questa esperienza, e questo sotto le condizioni di un nuovo attacco all'operaio e al socialismo.
Lasciami aggiungere che non sono tra quei comunisti che considerano la vittoria finale del comunismo come il risultato inevitabile del processo storico. La realizzazione del socialismo è il risultato della lotta di classe, e tale lotta è capace di vittoria come di sconfitta. Non soltanto il comunismo e la società umana libera, ma la barbarie capitalista, a scala forse mai vista dalla nostra generazione, può essere il risultato di questo conflitto. Nondimeno, in considerazione del fatto che il ciclo di cui parlavo si è ora chiuso e tenendo a mente la forza immensa che il proletario ha ora raggiunto a scala sociale nel campo economico, sono ottimista circa il futuro del socialismo. In ogni caso, la questione si impernia sulla pratica sociale del comunismo e dei comunisti.
International: In assenza di un esempio di socialismo realizzato, o di modello di società socialista positivamente definito, i comunisti sono identificati principalmente per la loro piattaforma di opposizione. Non credi ci sia bisogno di esprimere la visione socialista in termini più concreti? Non si dovrebbero elaborare modelli più pratici di organizzazione economica e politica nella società socialista?
Mansoor Hekmat: Se rivolgessi tale domanda a marxisti degli inizi del secolo, lui o lei ti risponderebbe che non è da noi comunisti costruire prototipi e utopie, che nostro compito è organizzare una rivoluzione contro il sistema esistente, che i nostri obiettivi sono chiari e il processo stesso della rivoluzione degli operai fornirà le forme pratiche della loro realizzazione. Credo che questa risposta sia ancora basicamente corretta anche oggi. Comunque, due fattori, uno correttamente, l'altro incorrettamente, fanno si che oggi molte persone considerano valido il punto della necessità di offrire un modello positivo di socialismo.
Prima di tutto, nel mostrare il distacco dei modelli di URSS e Cina dal marxismo, un comunista deve anche, a un certo grado, offrire alternative positive. Dunque riconosco questo bisogno fino a un certo punto in questo senso. Ma un secondo fattore è il risultato della complessiva sottomissione della sinistra nelle lotte politiche, particolarmente in occidente, al sistema e al clima parlamentari. Per molti cosiddetti partiti comunisti e socialisti il terreno parlamentare è stato il campo di battaglia principale di lotta per il potere politico. A differenza della lotta rivoluzionaria, che è principalmente organizzata sulla base della critica e del rifiuto del sistema esistente, le lotte elettorali vengono guidate essenzialmente intorno a piattaforme positive. Questa è esattamente la differenza tra riforme e rivoluzione. Le riforme devono essere specificate concretamente; la rivoluzione, d'altra parte, è un movimento contro una situazione che esiste, per stabilire differenti norme e principi generali. Il movimento rivoluzionario definisce le forme pratiche di realizzazione dei suoi fini nel corso della distruzione della situazione esistente, mentre il movimento riformista in un sistema elettorale parlamentare cerca di conquistare voti con un concreto programma riformista. Anche la nascita dello stesso capitalismo non fu sulla base di chiaro modello positivo del sistema. Piuttosto, fu il risultato della critica dell'ordine precedente e la presentazione di slogan generali per libertà politiche e economiche.
Penso, quindi, che il bisogno di presentare il socialismo come una piattaforma politico-economica concreta e praticabile sia alquanto esagerato. Per mobilitare le forze della sua classe, il comunismo deve portare nella classe operaia la sua concezione del mondo critica, come anche i suoi ideali, esprimere i lineamenti generali e i principi della società di cui è partigiano e, allo stesso tempo, come una attiva tendenza politica nel mezzo delle costanti lotte nella società, offrire pratiche e chiare piattaforme per riforme.
Cosa andrebbe fatto è, innanzitutto, chiarire il significato preciso degli obiettivi socialisti, e, in secondo luogo, mostrare la fattibilità della loro realizzazione. Va dichiarato, per esempio, che la abolizione della proprietà borghese non significa introduzione della proprietà statale, e poi mostrare come è praticabile l'organizzazione del controllo collettivo dei mezzi di produzione. O ancora, va sottolineato che il socialismo è un sistema economico senza denaro e lavoro salariato, e poi va mostrato come è fattibile organizzare la produzione senza la forzalavoro come merce. Ciò che non può esser fatto è preparare un dettagliato modello di produzione e amministrazione in una società socialista. La forma specifica di economia, produzione e sistema di amministrazione in una società socialista dovrebbe esser elaborato nel contesto del processo storico, Il nostro compito non è fare modelli e utopie, ma mostrare in cosa la società socialista differisce dalla società esistente. Per esempio, noi mostriamo il processo di (dissoluzione) inaridimento dello stato che segue una rivoluzione degli operai con lo spiegare la base materiale dello stato nella società classista e la sua inutilità come istituzione politica in una società senza classi, e non con la pubblicazione di un opuscolo in cui il partito ha elaborato il suo programma pratico per il sistematico, passo per passo, smantellamento delle istituzioni e dei dipartimenti statali.
International: La versione ufficiale dipinge il sistema del blocco URSS e orientale come il risultato inevitabile del comunismo, uguaglia comunismo con 'totalitarismo' e mancanza di libertà politiche, e trae la conclusione che l'unica strada concreta per la partecipazione di massa nella amministrazione della società è il sistema parlamentare e il pluralismo prevalenti in occidente. Come vedi tutta questa faccenda, e in che misura è compatibile con la odierna complessa organizzazione sociale la alternativa comunista per intervento di massa nel governare la società, cioè la democrazia basata sui soviet (sui consigli)? Nel socialismo il sistema politico è a partito unico?
Mansoor Hekmat: Per cominciare, il sistema politico in URSS e blocco orientale era la sovrastruttura politica e legale del sistema economico in essere in quei Paesi e non aveva nulla a che fare con socialismo, comunismo o marxismo. Non era in alcun modo la prosecuzione naturale della rivoluzione degli operai nel 1917. Non solo. Tale sistema fu reso possibile precisamente distruggendo le conquiste politiche della rivoluzione, cancellando gli assai avanzati diritti e libertà politiche guadagnati con la rivoluzione. In secondo luogo, il sistema parlamentare è una forma particolare del governo delle classi proprietarie. A parte il fatto che quasi tutte le decisioni concernenti la vita di milioni in questi Paesi sono prese fuori del parlamento, da una insindacabile élite politica, economica e militare, il parlamento stesso può ben difficilmente esser detto un organo di intervento popolare negli affari della società. Essi caricano le persone ogni quattro o cinque anni con manifesti colorati, propaganda e promesse, prendono i loro voti e tornano ai loro affari. Se dovessimo credere a quanto proclamano, arriveremmo alla strana conclusione che per un intero decennio le persone in occidente hanno messo da parte il sistema di assistenza sociale con le loro stesse mani, mettendosi da soli in disoccupazione e gettando via i loro stessi diritti Perché mai gli inglesi avrebbero dovuto imporre a sé stessi una poli tax? E quando mai gli americani hanno votato per muovere guerra nel Golfo e per sacrificare denaro e vite in quella crociata? E' una presa in giro. Il sistema parlamentare è un sistema in cui una volta ogni tanto le persone cedono e si assoggettano a questa o quella fazione della classe dominante. Ovviamente, se comparato all'autocrazia assoluta di qualche generale o a uno stato di polizia dichiarato, questo sistema è migliore, ma dire che è un sistema basato sull'intervento diretto delle persone è troppo. In terzo luogo, il parlamento è un prodotto naturale del capitalismo altrettanto quanto lo sono gli stati di polizia e le giunte militari. Il mondo intero è sotto il capitalismo e si contano sulle dita i regimi con qualcosa come un parlamento, formato in elezioni non truccate, tramite suffragio universale e con una certa significativa voce in capitolo per quanto riguarda l'approvazione delle leggi. Chiunque parli di politica nel capitalismo dovrebbe ricordare che Marcos, lo scià, Franco, Pinochet, Khomeini, Saddam Hussein, Papà Doc e Baby Doc, il generale Evren, Hitler e Mussolini, anch'essi sono stati i prodotti di questa stessa società. Il pluralismo borghese dipende dal grado di stabilità della posizione politica e economica della borghesia nella società. Appena tale stabilità è minacciata sigillano il parlamento, vietano i partiti d'opposizione, e fanno dietrofront verso un governo autocratico estremo.
E' il socialismo un sistema monopartitico? il comunismo, come obiettivo finale della rivoluzione dei proletari, non ha lo stato come sua istituzione politica. Ma la transizione a tale situazione necessita un tipo di stato che segua la presa del potere da parte della classe operaia. Essenzialmente, comunque, lo stato proletario non è uno stato di partito; è lo stato delle istituzioni dei proletari. Non è uno stato del partito comunista degli operai, ma uno stato dei soviet (consigli), e organi di governo diretto, delle masse proletarie e dei cittadini.
E' naturale che in tal sistema i partiti debbano essere liberi di operare al fine di far adottare le loro politiche e programmi dai soviet e gli altri organi di democrazia diretta. La forte posizione del partito comunista degli proletari dovrebbe essenzialmente essere il risultato della sua capacità di affermarsi come quella organizzazione che incorpora proletari e influenti dirigenti della classe operaia. Lo stato degli operai non è basato su un regime monopartitico, ma neanche è un sistema politico in cui i partiti conquistano il potere statale. E c'è di più .e questo come tutti gli altri punti è mia opinione personale lo stato proletario non è uno stato ideologico. Una società libera non ha bisogno di una ideologia ufficiale. E' lavoro dei comunisti diffondere e popolarizzare il marxismo e la concezione comunista come base della presa di coscienza che la società sviluppa da sé. Se debbano o meno avere libertà di attività quei partiti che cercano di rovesciare il sistema della democrazia diretta e dei soviet delle persone, e restaurare il potere delle classi rovesciate, è qualcosa che i soviet stessi decideranno a suo tempo. Il problema è quale delle due opzioni, cioè permettere o vietare le attività ditali partiti, sarebbe la più efficace maniera di sradicarli.
Il sistema dei soviet (consigli) corrisponde alla odierna complessa società? A mio parere è proprio nel sistema dei soviet, cioè il sistema basato sulla partecipazione diretta delle persone, dal livello locale al livello nazionale, che data la presente complessità di economia e divisione del lavoro, la continua presenza della gente nel processo decisionale politico, economico, amministrativo, può realmente essere garantita. Nel sistema parlamentare, la politica e l'amministrazione diventano specializzazioni al di là della portata della gente. Nel sistema dei consigli, l'ampiezza del potere di ciascun soviet è proporzionale al campo della sua attività. Ogni soviet è formato dai rappresentanti di un gruppo di soviet a un livello inferiore. La struttura dei soviet (consigli) nel suo insieme, che include consigli dal più basso livello locale al più alto livello nazionale, fornisce la possibilità dell'intervento effettivo delle persone e dei loro rappresentanti, a tutti i livelli, come anche fornisce il controllo degli elettori sugli eletti. Il sistema parlamentare è una cortina di fumo per il potere di una oligarchia borghese. Il sistema dei consigli è un mezzo diretto per l'intervento della gente stessa.
International: Un risultato del collasso del blocco orientale è stato l'indebolimento della attività di partito nella sinistra. Mettendo da parte gli ex partiti filosovietici, che soprattutto o semplicemente si dissolvono oppure lasciano cadere il loro richiamo formale al comunismo, ci sono sinistre radicali che non vedono l'era attuale come una in cui puoi fare lavoro di partito. Mettono l'accento sul lavoro teorico, e sulla attività in movimenti di base. Qual'è la tua opinione? Sei fondatore di un nuovo partito che vuole lavorare in modo persino più solido di prima come un partito marxista e degli operai. Non pensi che la costruzione di un partito comunista operaio possa incontrare scetticismo e possa sembrare persino ridicola?
Mansoor Hekmat: Puoi sempre trovare persone che alzano le spalle al socialismo, all'organizzazione socialista e persino a possedere alti ideali. Nella società borghese deridere il socialismo e gli operai è sempre stato ben ricompensato. Forse oggi più di ieri molti nei massmedia, nelle università, e nelle varie istituzioni politiche e di propaganda si sono convertiti a questa onorevole professione. Non è cosa che ci riguardi. Ma rispetto alla sinistra radicale e agli attivisti socialisti che mentre credono nella necessità del lavoro socialista non considerano la "era" attuale come una per il lavoro di partito, dirò alcune cose.
Anche io credo che oggi il lavoro teorico marxista e il coinvolgimento nei movimenti di massa della classe operaia sia molto importante per i comunisti. Enfatizzo i termini marxista e classe operaia perché so che per molti nella sinistra lavoro teorico e movimenti di base non hanno tale significato particolare. Molte volte ciò che si intende è attività culturale, partecipazione in movimenti ecologisti o di minoranze, democratizzazione di determinati aspetti del regime politico, e cosi via. Credo che mentre la sinistra dovrebbe essere attivamente coinvolta anche in questi campi, ciò non conta ancora come lavoro teorico o attività di massa per i comunisti. Anche per qualcuno che ha veramente in testa lavoro teorico marxista e attività di massa di classe operaia, abbandonare il lavoro di partito è un grande errore. Circoli, centri, scuole, e figure politiche non sono alcun sostituto di partiti politici. In assenza di partiti comunisti-proletari capaci di porre l'intera alternativa di classe contro la classe governante, di partiti impegnati a far confluire l'attività comunista nei diversi fronti, a dare alla lotta comunista il profilo di un movimento completo che sfida l'intero ordine capitalista - in assenza ditali partiti, lo sforzo di centri socialisti e di individui in questo o quel campo non riuscirà a produrre impatti duraturi. In particolare, assente un comunismo operaio attivo sotto forma di partiti politici, gli sforzi socialisti nella forma di circoli e centri non rimangono radicali e critici; la società borghese li assimilerà e li plasmerà a sua immagine e somiglianza, Il mondo è pieno di circoli socialisti, centri e individui che portano avanti "attività alternativa" in differenti aree, soltanto per poi ritrovarsi incorporati nella tradizione radicata. Il radicalismo nella società è una funzione della posizione della classe operaia nella lotta di classe. E questa è un'area che sopra tutte le altre richiede l'esistenza di partiti comunisti operai.
La cautela verso il lavoro di partito che stiamo osservando oggi è il risultato della massiccia offensiva della borghesia contro il comunismo in generale, e contro il comunismo organizzato in particolare. Quando il comunismo è posto fuorilegge e i comunisti sono perseguitati, i partiti comunisti perdono membri, e a volte si frantumano persino. Chiunque può vederlo. Oggi, almeno in occidente, palesemente il comunismo non è vietato, ma la campagna propagandistica della borghesia contro il socialismo, la sua guerra economica sulla pelle della classe operaia, e la disoccupazione di massa hanno un effetto similare. E' comprensibile che in tali condizioni molti abbandoneranno l'organizzazione socialista. Quindi non ho molto da dire su certe 'profonde' teorie che asseriscono che "ora non è tempo di lavoro di partito". L'essere umano, per natura, inventa ragioni filosofiche complesse per le proprie azioni assai più terra terra e intelligibili. Quando la pressione attuale si solleverà dagli operai e dal comunismo, sarà ancora una volta tempo per un 'lavoro di partito'! Penso che questa ritirata sia transitoria e il movimento della classe operaia, in posti come Francia, Germania, Russia e forse anche Stati Uniti, nei prossimi anni porrà fine a questa atmosfera intellettuale.
International: In occidente stiamo assistendo a serie tendenze regressive. Gli ultimi mattoni dello stato assistenziale sono stati demoliti e persino il livello esistente della responsabilità della società verso l'individuo, in termini di assistenza sociale e di sicurezza economica, è stato messo in questione. Nazionalismo, fascismo, religione sono in ascesa. Parallelamente a tali sviluppi vediamo un drammatico regresso morale che si mostra, ad esempio, nella approvazione della aggressione militare occidentale, nella giustificazione della povertà e disoccupazione di massa, nella crescita del fanatismo religioso e etnico, nel giornalismo [media] corrotto apertamente legato alla politica statale, e così via. Dove finirà tutto questo? Pensi che questo regresso porterà a un consolidato equilibrio nel lungo periodo, o si tratta solo di un fenomeno di breve durata?
Mansoor Hekmat: Penso che in ultima analisi i socialisti e gli operai decideranno dove questo processo finirà. Non nel senso che tutte le fazioni della borghesia sono desiderose di andare fino in fondo, fino al punto di creare una sovrastruttura politica superreazionaria. Per esempio, credo che il nazismo e il fascismo in dimensioni rivendicate dalla ultradestra non sono completamente favoriti persino all'interno della borghesia in occidente. Ma la realtà è che lo equilibrio cercato dalla borghesia in un lungo e duraturo periodo è assai più a destra di quello attuale. E non basta; se il tutto rimane in balia delle manovre della borghesia, il processo per cui tale equilibrio viene creato sarà accompagnato da enormi sofferenze e da numerose guerre e stermini. Fascismo, razzismo, militarismo, e religione non sono tendenze che fanno semplicemente da volano alle fazioni centriste e conservatrici della classe dominante, per poi esser esonerati appena la loro utilità viene a cessare. Oggi essi stanno lasciando campo libero a certe tendenze in modo che, grazie al clima che ne deriva, esse possano scontrarsi con il radicalismo e le lotte per giustizia e libertà e stabilire le loro leggi di destra come fondamenta del Nuovo Ordine Mondiale. Forse pensano di poter frenare in tempo, un po' prima delle camere a gas e l'avvento di una rovinosa guerra. Anche se il risultato delle attuali agitazioni reazionarie non dovesse essere cosi truce, per la generazione attuale il percorso che porta a quel nuovo equilibrio sarà duro e doloroso.
A mio parere, principalmente la classe operaia e la forza socialista può e deve bloccare questo processo. Oggi sta aumentando il disordine nel clima politico dello occidente, e la crescita del fascismo, e la reazione contro di esso, sono parti di questa realtà. Tali Paesi stanno adesso uscendo dalla apatia politica degli anni '80. La società è ancora una volta diretta verso politicizzazione e polarizzazione. Credo che queste stesse condizioni spianeranno anche la strada per il sorgere di una nuova sinistra in occidente, di un socialismo di classe proletaria pronto a intervenire.
Nonostante ciò, io penso che arrestare la crescita di certe tendenze, e più in generale le tendenze politiche di estrema destra, è ancora più praticabile dell'erigere barricate contro gli sforzi attuali di smantellamento del "capitalismo assistenziale". L'assalto della borghesia alle forme economiche tramandate dagli anni '60 e prima metà del '70 è più determinato e più disperato degli aspetti politici. C'è anche un maggiore consenso a tal riguardo tra i vari settori della borghesia. Naturalmente questo attacco economico darà anche luogo a una fondamentale revisione nella coscienza che la società ha di sé stessa e alla posizione dell'individuo in essa. Alla fine, l'individuo medio e particolarmente uno che vive della vendita della propria forzalavoro sarà uno con meno diritti, meno dignità, meno valore e più spogliato di quanto lo sia oggi. Quando essi privatizzano la sanità e spostano il peso dei costi medici sul "consumatore", stanno evidentemente portando avanti una politica economica. Ma allo stesso tempo la nozione che viene rinforzata è che il diritto alla sanità è un diritto connesso a proprietà e reddito. Stessa cosa vale per educazione, tempo libero e svaghi. Tali passi indietro ideologici, politici, e legali, sebbene chiaramente neanche "fascisti", sono assai più lungimiranti e difficili da confrontare che far fronte alle forme estreme di espressione della destra.
International: Non vedi dunque fascismo e razzismo come principali minacce in occidente?
Mansoor Hekmat: Mettiamola cosi. La riedizione della esperienza della Germania nazista non è una faccenda semplice per i fascisti. Le forze di centro e di sinistra reagiranno con forza contro di essi. Ci può essere maggior terreno per la espansione della estrema destra in Germania, Francia, o qualcuna delle ex repubbliche sovietiche, e può essercene meno in Inghilterra e USA. In ogni caso, per diventare una forza dominante in Europa occidentale il fascismo deve prima di tutto superare immense barriere materiali e resistenza politica. Penso che persino in una atmosfera come l'attuale la attivazione politica della classe operaia e della forza socialista è in grado di cavarsela con tale minaccia. Certo è che per mobilitare questa forza contro il fascismo e il razzismo c'è da fare molto lavoro, I fascisti si rafforzeranno e la estrema destra, come forza attiva e organizzata, occuperà un posto ben definito nella arena politica di questi Paesi. Ma non credo che in un prevedibile futuro essi possano diventare una forza dominante o decisiva dentro la borghesia.
Con riferimento al razzismo la questione è più complessa. Il razzismo è più istituzionalizzato e con radici più profonde in questi Paesi. Ci sono un insieme di fattori che indicano una crescita del razzismo in futuro, anche se ufficialmente fosse condannato dalla borghesia. Per esempio, un aspetto della idea della Europa Unita opera totalmente contro la gente del cosiddetto Terzo Mondo. L'identità europea trova significato non distinguendosi dalle identità nazionali britannica o tedesca o italiana, bensi in contrapposizione alle identità asiatica e africana. La sfumatura razzista della idea di unità europea si è resa evidente molte volte qui e li e in particolare sulla questione di una politica comune su immigrazione e diritto di asilo oppure nella definizione del carattere e della cultura europee. Sembra che con gli attuali livelli di disoccupazione e con la dimensione della povertà, in Europa, le difficoltà economiche e la repressione politica in molti dei Paesi asiatici e africani, e quindi la conseguente fuga di massa verso l'Europa, l'incitamento razziale e la provocazione razzista sarà un terreno che la borghesia non abbandonerà facilmente. Il massimo che la politica ufficiale in questi Paesi prenderà in considerazione è prevenire i fascisti dal guadagnare troppo potere. Le leggi civili certamente peggioreranno per gli immigrati.
International: Gli sviluppi degli anni recenti hanno rivelato due tendenze contradittorie da una parte, vediamo il sorgere di movimenti nazionalisti e confrontazioni in Europa orientale; dall'altra, vediamo come l'Europa occidentale sta per abbattere le frontiere nazionali e creare una Europa unita. Quale di queste pensi imposterà lo scenario per il futuro?
Mansoor Hekmat: Penso nessuna di esse. Il nazionalismo in Europa orientale oggi è il risultato della disintegrazione di quel blocco e non la sua causa. Dunque la crescita attuale del nazionalismo all'Est non fa da presagio a un trend internazionale generale. Inoltre, dubito si possa guardare al piano per un'Europa unita come una rottura significativa con il nazionalismo. La questione mi sembra riguardare più la formazione di un mercato interno integrato in Europa occidentale, quale base di un blocco economico in rivalità con USA e Giappone, piuttosto che un cambiamento da un'identità nazionale a una sovranazionale. La stessa URSS è stata a lungo un blocco integrato, con moneta unica, unico stato, unico esercito, e un sistema centralizzato di management economico, ma ora è il centro di movimenti nazionalisti. All'osservatore medio, il piano per un Europa unita ha posto l'accento sull'identità europea rispetto ai non-europei senza minare i sentimenti nazionali di ciascun partner in una Europa unita. Ciò che sembra veramente accadere è che nuovi blocchi politici e economici, fatti di alleanze interstatali, stanno rimpiazzando i vecchi assetti, cosa che, tra l'altro, crea maggiori frizioni.
La storia del capitalismo mostra che sebbene il movimento del capitale e la globalizzazione del processo di lavoro indebolisca in senso economico le frontiere nazionali, la inegualità dello sviluppo capitalista, la scarsità mondiale di capitale, e la instabilità generale del capitalismo mantiene il nazionalismo in vita sia politicamente sia nella strategia economica delle differenti sezioni della classe capitalista. Se non come tale, comunque per quanto riguarda il suo concreto sviluppo al momento, il capitalismo ha bisogno di identità nazionale e di nazionalismo. Cosi che qualunque unità non sarà niente più che disegnare nuove demarcazioni. Per quanto forte la spinta intrinseca al capitalismo verso la globalizzazione, pare che la liberazione del genere umano dal nazionalismo e dalle identità nazionali sarà lavoro dell'internazionalismo e della rivoluzione degli operai.
Insomma, non credo che l'era attuale sia era di nazionalismo. Nemmeno l'epoca del suo declino. Il nazionalismo non ha particolari soluzioni ai problemi del capitalismo oggi, ma neanche sta particolarmente sotto pressione. Ciò che cambia è la configurazione nazionale del mondo capitalista, non il ruolo del nazionalismo in esso.
International: Mentre la borghesia sta mettendo su le sue alternative economiche, politiche e culturali - dal nazionalismo a religione, fascismo, razzismo - sembra che la classe operaia sta soltanto resistendo sul fronte economico. Ciò è evidente in occidente, ma anche a Est dove, malgrado l'atmosfera politica più elettrizzata politicamente, la crescente povertà rende i proletari più inclini a autoconfinarsi nella sola lotta economica. Non è causa di preoccupazione? Quale pensi possa essere la via di uscita a tale situazione?
Mansoor Hekmat: Anch'io penso che questo è un fatto tangibile e causa di seria preoccupazione. Che la classe operaia si esprima da sé politicamente non è una semplice continuazione della lotta economica. "Proletari" in senso demografico della parola raramente intervengono in politica. I proletari partecipano alla lotta politica tramite partiti proletari, siano essi riformisti o rivoluzionari. Oggi abbiamo una situazione in cui tutte le tradizioni organizzative e politiche che, in un modo o nell'altro, servivano da veicolo per l'intervento politico degli operai nella società, come la socialdemocrazia e diverse varianti di comunismo, hanno toccato il fondo. Aspettarsi che i proletari, senza partiti politici che li chiamino a raccolta, possano andare molto più avanti della arena economica è una pretesa astorica e assurda. Non credo che la socialdemocrazia sia neppure più interessata a esser dipinta come la espressione politica del movimento sindacale. Essi hanno in larga misura abbandonato gli operai e focalizzato la loro attenzione sugli strati sociali intermedi. Inoltre, la socialdemocrazia manca di un chiaro programma sociale e economico. Tutto, perciò, dipende dal corso del comunismo operaio. Penso che sforzi seri vadano fatti per neutralizzare, innanzitutto, l'offensiva anticomunista corrente e, in secondo luogo, formare partiti comunisti operai impegnati a organizzare i proletari come una classe e coinvolti nella lotta politica. Senza di questo, anche se gli operai riescono a difendere e preservare certe conquiste economiche, ancora finiremmo con un bilancio politico e ideologico assai più antioperaio. Il periodo in cui stiamo entrando non mancherà di movimenti e azioni di protesta della classe operaia. Ma il risultato di queste lotte e specificamente il loro impatto sulle condizioni generali dei proletari nella società, la loro forza e dignità, è tutt'altra cosa. Questa richiede un attivo movimento comunista nella società e all'interno del movimento dei proletari.
Traduzione di Alfonso di Torino
Raccolta documentazione a cura di Mohamed Hassan Jabbar
hekmat.public-archive.net #0660it
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